Difesa del suolo. Zaia: Veneto più sicuro

“Dopo l’alluvione del 2010 sono quasi mille i cantieri per la difesa idraulica del Veneto, per un impegno finanziario che sfiora il miliardo di euro. Senza tanti proclami, ma in termini di estrema concretezza, la Regione è stata in grado di mettere in piedi non solo grandi opere strutturali, come le casse di espansione in grado di invasare milioni di metri cubi d’acqua, ma un’azione sistematica e diffusa sul territorio come non si vedeva da almeno 80 anni”.
A evidenziarlo è il presidente della Regione Luca Zaia, in occasione del 50.mo anniversario dei drammatici eventi alluvionali del 4 novembre 1966, delineando il quadro delle cose fatte per garantire al massimo livello la sicurezza del territorio veneto.


“Oggi possiamo affermare che il Veneto è più sicuro di cinque anni fa – ribadisce Zaia – e da allora abbiamo affrontato il problema in maniera scientifica. E’ stato redatto un piano generale, sotto la supervisione del prof. Luigi d’Alpaos, che ha individuato tutti gli interventi necessari per la sistemazione idrogeologica del Veneto, ed è stato avviato il primo intervento organico dal Dopoguerra ad oggi”.
“La spesa complessivamente individuata – aggiunge il presidente – ammonta a quasi 3 miliardi di euro, una cifra esorbitante per le sole finanze regionali. Ma ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo dato ulteriore impulso all’attuazione di quanto programmato destinando nuove risorse del bilancio regionale, oltre ad aver ricercato e ottenuto, grazie alla prontezza nel presentare i progetti, diverse risorse statali destinate al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico.
Tra gli interventi in corso, quelli di maggior impegno sono i bacini di laminazione: quello lungo il torrente Timonchio in Comune di Caldogno è ultimato, il bacino sul torrente Agno Guà in comune di Trissino è di prossima inaugurazione e il bacino di Colombaretta, in comune di Montecchia di Crosara, è addirittura in anticipo rispetto al cronoprogramma previsto. Tra i cantieri avviati nel corso dell’anno c’è il bacino di Viale Diaz in Comune di Vicenza. Segnalo inoltre che sia per quanto riguarda il primo stralcio dei lavori sull’Astico, tra Sandrigo e Breganze, sia per il bacino di laminazione sul Livenza a Pra dei Gai, sotto questa amministrazione è stato completato l’iter amministrativo accelerando su dei procedimenti che erano ancora in sospeso. Per il bacino di Muson dei Sassi i lavori partiranno non appena risolto il contenzioso dovuto ad un ricorso dopo la gara d’appalto. Sono infatti interventi dall’iter amministrativo complesso che necessita di molteplici passaggi.
Accanto a questi lavori dimensionalmente e finanziariamente più impegnativi, sono aperti decine di cantieri minori sia lungo i corsi d’acqua principali e secondari, per garantire la sicurezza idraulica di ampi territori, sia lungo le coste per la manutenzione e il ripristino degli arenili.
Nel 2016 abbiamo reso disponibili ben 20 milioni di euro per interventi di difesa del suolo che nel bilancio 2015 della vecchia legislatura non c’erano. A questi vanno aggiunti i 21 milioni dedicati agli interventi di difesa idraulico forestale effettuati dagli uffici sul territorio. Dallo Stato siamo riusciti ad ottenere, con un accordo di programma firmato a novembre 2015, 104 milioni di euro destinati alle progettualità relative ai bacini del Lusore a Mestre Venezia, sul torrente Orolo in Comune di Costabissara e sul torrente Astico nei Comuni di Sandrigo e Breganze. E non va scordato che siamo intervenuti in più occasioni con risorse nostre, come per le frane del Cadore e per il tornado sulla Riviera del Brenta, nonostante si trattasse di interventi di competenza statale.
“Mi sembra che abbiamo dimostrato con i fatti – conclude Zaia – che se avessimo le risorse necessarie saremmo in grado di fare da soli ciò che ancora serve per la sicurezza del Veneto. La difesa dal rischio idraulico e geologico è davvero per noi una priorità. Concordo con quanto ha affermato proprio oggi sulla stampa il prof. D’Alpaos: servono a poco altri piani anti-alluvione, come quello del distretto idrografico del Nordest. Sappiamo già quello che bisogna fare e abbiamo anche i progetti immediatamente cantierabili. Ora bisogna passare alle opere”.
E a proposito del Mose, a Rete Veneta: “Quando il Mose sarà in funzione, non garantirà la salvaguardia di Piazza San Marco, che continuerà ad avere l’acqua alta. Mi auguro, peraltro, che questo sistema funzioni, perché a tutt’oggi siamo ancora nell’ambito della teoria e dobbiamo passare alla pratica. Inoltre non dimentichiamo che il Mose, dal giorno in cui entrerà in funzione, costerà di manutenzione dai 50 ai 100 milioni di euro che vorrei ancora capire chi dovrà pagare, perché è una cifra esorbitante”.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Previous Story

200 enti pubblici in Emilia Romagna useranno solo rinnovabili

Next Story

Il cruscotto antismog del Piemonte