Greenpeace: meno carne, latte e formaggi nel piatto

Meno carne e prodotti lattiero-caseari per un clima migliore, per la salvaguardia delle foreste e della biodiversità, per consumare e inquinare meno acqua, per il benessere degli animali, per avere a disposizione più cibo per le persone e per una salute migliore. 
E’ quanto sostiene Greenpeace nel rapporto “Meno è meglio”, dove si evidenzia che se vogliamo evitare gli impatti più devastanti dei cambiamenti climatici e rispettare l’Accordo di Parigi dobbiamo dimezzare produzione e consumo globale di carne e prodotti lattiero caseari entro il 2050.


“Se non affrontiamo rapidamente la questione, il contributo dell’agricoltura alle emissioni di gas serra nel 2050 potrebbe arrivare al 52 per cento delle emissioni totali. Il 70 per cento di questo contributo è previsto proprio dai settori della produzione di carne e prodotti lattiero-caseari. Inoltre gli allevamenti contribuiscono all’inquinamento del suolo, dell’acqua, in particolare con azoto e fosforo, e dell’aria, soprattutto con emissioni di ammoniaca e polveri sottili (PM2.5).”
Gli autori del rapporto hanno raccolto le principali evidenze scientifiche da lavori pubblicati su agricoltura, sistemi alimentari, ricerca ambientale e sanitaria e hanno messo in evidenza le loro conclusioni: il sistema alimentare attuale è insostenibile, e solo una significativa riduzione del consumo di carne e latticini ci consentirà di garantire un sistema adatto per il futuro – a beneficio degli esseri umani e del Pianeta.



Allevamenti intensivi – Una grande fonte di emissioni di gas serra causate dall’uomo. Secondo i dati della FAO le emissioni sono pari a circa il 14 per cento del totale. Gestione dei liquami, produzione e uso di fertilizzanti e pesticidi nella produzione dei mangimi, il processo di digestione dei ruminanti e il cambiamento d’uso del suolo (per far spazio a pascoli e produzione di mangimi), generano grandi quantità di gas a effetto serra, come l’anidride carbonica, il metano e il protossido di azoto. Ridurre la produzione e il consumo di carne, e derivati del latte, diventa quindi fondamentale per rispettare gli impegni presi con l’Accordo di Parigi sul clima, ma non solo.

Mangimi – Una vasta area di terra coltivabile e produzione agricola è destinata alla mangimistica animale invece che a nutrire direttamente le persone: oltre il 50 per cento nell’Unione europea e circa un terzo a livello globale secondo i dati della FAO. Ciò comporta anche una minaccia per la sicurezza alimentare e un incremento del degrado dell’ambiente, deforestazione compresa, sia nell’UE che a livello globale.

Rischi per la salute legati all’agricoltura e all’allevamento intensivi – Sviluppo della resistenza agli antibiotici: l’Italia è seconda solo alla Spagna in Unione europea per uso di antibiotici negli allevamenti. Diffusione di malattie trasmissibili dagli animali alle persone come l’influenza aviaria e suina, o la Salmonella. Inquinamento atmosferico causato dalle emissioni di ammoniaca: il 90 per cento delle quali proviene dal settore agricolo, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente.
Inoltre, le diete ad alto contenuto di carne rossa e carne lavorata, sono associate a un incremento di malattie cardiovascolari, cancro e diabete.

Le conseguenze per l’economia – Il modello industriale di allevamento intensivo è anche una strada senza uscita per molte aziende agricole a conduzione familiare che ora sono sull’orlo della bancarotta. Intrappolate fra debiti e costi elevati per gli input esterni da un lato e bassi prezzi di mercato dall’altro. In Europa i settori della carne e della distribuzione sono molto concentrati, e le dimensioni degli allevamenti sono drasticamente cresciute nell’ultima decade, fino ad arrivare alla situazione attuale con tre quarti degli animali allevati in aziende molto grandi, mentre il numero degli animali allevati nelle aziende di piccole dimensioni si è più che dimezzato durante lo stesso periodo.

Le richieste di Greenpeace – Il numero pro capite di polli, maiali e bovini macellati, tra il 1961 e il 2009, si è più che triplicato raggiungendo nel 2009, oltre dieci animali macellati per ogni persona sulla Terra. Se il tasso resterà invariato, quest’anno 76 miliardi di animali verranno macellati per soddisfare il nostro consumo di carne e prodotti lattiero-caseari.
Solamente in Italia nel 2016 sono stati macellati 2,8 milioni di bovini, 11,9 milioni di suini, 3 milioni fra ovini e caprini e 585 milioni di pollame.
Gli impatti legati agli allevamenti intensivi sono insostenibili. Per questo motivo la richiesta all’Unione europea e al prossimo governo italiano è di mettere fine ai sussidi che sostengono la produzione intensiva di carne e prodotti lattiero-caseari e di incrementare invece sussidi e adottare politiche che promuovano la produzione di alimenti da aziende agricole ecologiche e locali. Politiche che guidino anche il cambiamento delle abitudini alimentari e dei modelli di consumo finalizzati a ridurre il consumo di carne e prodotti lattiero-caseari.

rapporto_consumo_carne.pdf
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