Radiazione solare: primo monitoraggio in Italia

Uno studio condotto da una giovane dottoranda dell’Università Statale di Milano, in collaborazione con altri enti, mostra una diminuzione della radiazione solare nei decenni ’60-’80, seguita da una forte crescita negli ultimi trent’anni. L’andamento riflette quello delle emissioni inquinanti: grazie ai provvedimenti adottati negli ultimi anni per ridurle, migliora sensibilmente la trasparenza della nostra atmosfera alla radiazione solare, facendo sì che anche aree caratterizzate tradizionalmente da un’elevata torbidità atmosferica siano oggi molto più “luminose”.

L’analisi di una ampia base di dati di radiazione solare raccolti in decine di osservatori disseminati sul territorio italiano ha permesso di studiare come questa importante grandezza sia variata nel corso degli ultimi 55 anni. Lo studio, pubblicato sulla rivista Atmospheric Chemistry and Physics, è frutto di una collaborazione tra Università Statale di Milano, ETH di Zurigo, ISAC-CNR, Aeronautica Militare e IPE-CSIC di Saragozza. Il primo autore è una giovane dottoranda della scuola di dottorato in Scienze Ambientali della Università Statale.


Questa ricerca rappresenta una novità assoluta poiché prima non era disponibile nessuna informazione sull’evoluzione temporale della radiazione solare sul territorio italiano. Dallo studio emerge come la radiazione solare in Italia abbia subito importanti variazioni nel corso degli ultimi decenni. In particolare, viene mostrata una significativa decrescita nel corso degli anni ’60, ’70 e della prima metà degli anni ’80 del ‘900, a cui ha fatto seguito una netta inversione di tendenza, con una forte crescita negli ultimi 25-30 anni. Questo segnale emerge in modo particolarmente chiaro limitando le analisi ai soli giorni privi di copertura nuvolosa nei quali sia l’iniziale decrescita che la successiva crescita sono dell’ordine del 8% per decennio.
L’andamento italiano riflette un segnale presente anche in altre aree del nostro Pianeta che consiste nella successione di due fasi: un’iniziale riduzione della radiazione solare (global dimming), seguita da un successivo aumento della stessa (global brightening). Molte ricerche sono ancora in corso sulle cause di queste variazioni, ma ci sono già indicazioni abbastanza chiare che esse siano legate principalmente alle emissioni inquinanti che hanno raggiunto nei Paesi più avanzati il loro culmine proprio quando si è manifestato il periodo di più intenso global dimming, per poi ridursi, grazie alla progressiva introduzione di norme per il controllo delle emissioni.
Negli ultimi 25-30 anni è quindi migliorata sensibilmente la trasparenza della nostra atmosfera alla radiazione solare, facendo sì che anche aree caratterizzate tradizionalmente da un’elevata torbidità atmosferica, come per esempio il bacino padano, si siano progressivamente trasformate in aree in cui, grazie alla minore presenza di particolato atmosferico, la radiazione solare riesce ad attraversare maggiormente l’atmosfera.
“Tra le molteplici conseguenze positive si segnalano un netto miglioramento nella visibilità orizzontale, la disponibilità di maggiori risorse per il settore energetico ed agro-forestale e un miglioramento nel tono dell’umore delle persone. L’aspetto negativo più rilevante consiste invece nel fatto che la crescente trasparenza atmosferica ha probabilmente prodotto un’accelerazione del riscaldamento del clima negli ultimi decenni, anche se per quest’ultimo aspetto sarebbe forse più corretto dire che era stata la precedente crescita dell’inquinamento da particolato atmosferico a produrre un mascheramento del riscaldamento. Nel momento in cui le concentrazioni di particolato atmosferico si sono ridotte, oltre al riscaldamento dovuto alle emissioni di biossido di carbonio e di altri gas-serra, si è aggiunto anche il riscaldamento dovuto al venir meno di questo mascheramento” commenta Maurizio Maugeri, professore del dipartimento di Fisica della Statale. Lo studio fa seguito ad un corrispondente studio sul numero di ore di sole che era stato pubblicato lo scorso anno sulla rivista Journal of Geophysical Research. La prosecuzione di questo studio consisterà in lavori analoghi sulla copertura nuvolosa e sulla visibilità. Il fine ultimo è quello di dare un quadro più chiaro su come si siano modificate nel corso degli ultimi decenni le condizioni ambientali italiane alla luce del variare delle condizioni di inquinamento da particolato atmosferico, contribuendo a meglio comprendere l’impatto delle emissioni antropiche sul sistema climatico.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Previous Story

Accordo ENEA e Ministero Difesa per efficienza energetica edifici militari

Next Story

Emissioni auto, in Europa si indaga ancora