Valutazione dell’impatto ambientale e green public procurement secondo il Ministro dell’Ambiente

Valutazione dell’impatto ambientale e green public procurement secondo il Ministro dell’Ambiente
Valutazione dell’impatto ambientale e green public procurement secondo il Ministro dell’Ambiente

Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha illustrato ieri le linee programmatiche del Dicastero nel corso dell’audizione in commissione Ambiente della Camera. Tra i punti approfonditi, valutazione dell’impatto ambientale e green public procurement. Dal documento:
Per riguarda il delicato tema delle Valutazioni di Impatto Ambientale (VIA) è stata recepita in sede europea l’esigenza di migliorare l’efficienza e l’efficacia del processo di VIA per tutti i soggetti coinvolti (pubbliche amministrazioni, committenti, pubblico) e per assicurare una più rigorosa prevenzione e controllo degli impatti ambientali significativi connessi all’attuazione di progetti pubblici e privati.

Dopo un lungo iter è stata approvata nel marzo scorso dal parlamento di Strasburgo la nuova direttiva in materia di Autorizzazioni Ambientali che:
– rafforza il coordinamento e l’integrazione tra la VIA e le diverse procedure di valutazione o autorizzazione previste dalla normativa comunitaria per i diversi aspetti ambientali e/o produttivi;
– migliora la definizione e la regolamentazione delle procedure di screening (verifica di assoggettabilità alla VIA) e di scoping (definizione dei contenuti del rapporto ambientale);
– migliora la qualità della VIA mediante: l’integrazione dei temi ambientali con le nuove “sfide ambientali” (cambiamenti climatici, biodiversità, rischi naturali e antropici); il ricorso ad esperti qualificati e tecnicamente competenti per la predisposizione dei rapporti ambientali e per la loro valutazione; l’obbligatorietà del monitoraggio ambientale in presenza di impatti ambientali negativi e significativi;
– razionalizza il processo anche attraverso l’introduzione di tempi per la conclusione delle varie fasi procedurali. E’previsto che gli Stati membri recepiscano la nuova direttiva entro tre anni dalla data di entrata in vigore. Tale recepimento rappresenta per l’Italia un importante obiettivo da conseguire al fine di adeguare le disposizioni nazionali all’evoluzione delle strategie e delle politiche, ai progressi in campo giuridico e tecnico, alle sfide emergenti per l’ Europa, con particolare riguardo all’uso efficiente delle risorse, alla mitigazione ed adattamento ai cambiamenti climatici, a contrastare la perdita di biodiversità, alla prevenzione dei rischi di calamità naturali e antropiche.
Credo sia importante, e a questo fine dedicherò il massimo impegno, che le nuove disposizioni comunitarie in materia di VIA siano recepite nella legislazione nazionale in maniera rapida ed efficace. A questo fine, nell’immediato, metterò mano alla definitiva chiusura delle procedure di infrazione in corso, adeguando finalmente la nostra legislazione alle prescrizioni delle direttive europee già vigenti. Sto intanto già lavorando per l’accelerazione delle procedure di Valutazione Ambientale (VIA, VAS, AIA).
Com’è noto, i tempi infiniti delle valutazioni ambientali sono ascrivibili soprattutto alla farraginosità delle procedure e alla non sempre limpida distinzione tra i compiti dell’istruttoria squisitamente tecnico-scientifica e quelli che inevitabilmente spettano all’amministrazione e alla politica.
Se a questo si aggiunge una ormai avvertita esigenza di maggiore trasparenza nelle scelte, anche di natura tecnica, e di assoluta integrità dei profili professionali coinvolti, il risultato non può che essere conseguito sul piano, vuoi della semplificazione burocratica, vuoi di una rinnovata attenzione da rivolgere ai meccanismi di selezione e di nomina di questa importantissima classe dirigente.
Il rimedio è uno solo: alta competenza e assoluta indipendenza di chi deve fornire al decisore politico gli elementi tecnico-scientifici per assumere la responsabilità delle scelte.
In analogia, poi, a quanto previsto dalla vigente normativa in materia di opere pubbliche, si potrebbe pensare di introdurre una validazione di conformità ambientale di progetto, che andrebbe rilasciata da pubbliche amministrazioni provviste di adeguati requisiti, Università, società indipendenti abilitate alla certificazione di progetto e iscritte in un apposito albo.
Acquisendo la lezione recente dei casi Ilva ed Eternit, è stata svolta una prima ricognizione sulla sussistenza di credibili metodologie per effettuare una specifica Valutazione d’Impatto sulla Salute (VIS) che garantisca preventivamente le comunità da eventuali rischi legati ad insediamenti industriali ad alto impatto ambientale.
E’ allo stato disponibile una prima proposta, risultante da analisi comparative e specifici approfondimenti, che entro il mese di maggio prevediamo di presentare, nel corso di un’iniziativa pubblica, sotto forma di un primo dossier. Per quanto riguarda il Green Public Procurement (GPP) si sottolinea che tale strumento è riconosciuto a livello internazionale come una delle principali leve per attuare la riconversione ecologica dell’economia.
Infatti, attraverso la leva degli acquisti pubblici, che a livello europeo rappresentano circa il 19% del PIL, è possibile, da un lato, determinare la riduzione degli impatti ambientali causati dai consumi della pubblica amministrazione, ottenendo contestualmente una razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica – si pensi, ad esempio, alla riduzione delle spese ottenibili attraverso il miglioramento dell’efficienza energetica – e, dall’altro, rilanciare l’economia su basi sostenibili, promuovendo le iniziative che fanno della innovazione ambientale il proprio punto di forza.
Tale attività si trova già ad un avanzato livello di attuazione grazie al lavoro dei pertinenti uffici del Ministero che, in collaborazione con altri soggetti pubblici ed operatori privati, hanno elaborato i cosiddetti Criteri Ambientali Minimi (CAM).
Si pensi, come esempio, al risultato raggiungibile, in termini ambientali ed economici, dall’applicazione dei CAM riguardanti gli apparati di illuminazione pubblica: la sostituzione degli impianti esistenti con altri più “sostenibili” potrebbe rilanciare un importante settore produttivo, ridurre significativamente i consumi energetici del settore e produrre rilevanti risparmi economici, determinati in circa 500 milioni di euro l’anno, che ripagherebbero in pochi anni gli investimenti fatti.
Per quanto sopra, è mia intenzione di favorire la diffusione della pratica degli “appalti verdi”. Peraltro, nel cosiddetto “collegato ambientale” alla legge di stabilità, attualmente all’esame della Camera, sono stati introdotti alcuni articoli specifici che dovrebbero permettere di valorizzare il green public procurement e farlo diventare uno dei principali strumenti della green economy. È infatti previsto, in particolare, che tutte le gare di appalto che riguardano l’acquisto di beni e servizi ad elevato consumo energetico prevedano, obbligatoriamente, l’inserimento dei CAM nei bandi di gara; per tutte le gare che riguardano l’acquisto di altri prodotti, tale obbligo viene fissato in almeno il 50% del valore dei beni o servizi acquistati.
Altro tema, facente capo al più generale ambito della strategia europea “Consumo e Produzione sostenibili” è quello della valorizzazione in chiave ambientale delle filiere produttive nazionali e, in particolare, delle filiere del settore agroalimentare. Il ruolo che può essere svolto dall’Italia sui temi del cibo e dell’alimentazione è notoriamente rilevante, per le particolari esperienze produttive e tradizioni culturali sino ad oggi accumulate. Al proposito ritengo di dover sottolineare, da un lato, l’importanza che questo settore ha per la nostra economia e, dall’altro lato, il fatto che, come la Commissione europea ha evidenziato, il settore agroalimentare è il principale settore produttivo per impatti ambientali generati, con il 31% degli impatti totali, prima del settore delle abitazioni con il 23%, e del settore dei trasporti con il 18,5%.
Gli impatti ambientali del settore “cibo” riguardano sia il consumo di energia che l’emissione di sostanze inquinanti, sia, infine, la produzione di rifiuti. A quest’ultimo proposito va sottolineato che numerose ricerche indicano che oltre il 30% del cibo prodotto viene sprecato e contribuisce ad aumentare la quantità di rifiuti prodotta.
Contribuire significativamente a quanto si sta sviluppando nel settore agroalimentare, anche in relazione al prossimo semestre di Presidenza italiana della Unione europea e all’evento Expo 2015, già in precedenza ricordati, sarà compito rilevante dell’azione del Ministero dell’Ambiente nei prossimi mesi.
A questo riguardo, l’attività che dovrebbe essere valorizzata nel prossimo futuro è quella già avviata con la collaborazione di importanti aziende agroalimentari, per la costruzione di una base conoscitiva degli impatti ambientali dei prodotti basata sulla applicazione corretta e standardizzata dello strumento LCA (Life Cycle Assessment).
Tale strumento, oggetto di un progetto europeo, riguarda, com’è noto, l’analisi del ciclo di vita dei diversi prodotti e la successiva costruzione di banche dati ambientali a cui possono accedere le diverse aziende per dotarsi di strumenti affidabili e riconosciuti di qualificazione ambientale dei propri prodotti. Ciò varrà in particolare per le filiere agroalimentari, permettendo così una ulteriore valorizzazione della qualità e della immagine dei prodotti italiani.

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