Disastri ambientali, crimini contro l’umanità

Venezia
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Molte delle più gravi sciagure ambientali che hanno devastato o stanno ancora devastando il Pianeta, in presenza di una legislazione internazionale piu’ efficace, potevano essere evitate, oppure (in altri casi) dovevano essere risarcite in modo adeguato al danno provocato.
E’ la posizione della Fondazione SEJF ONLUS (Supranational Environmental Justice Foundation), nata con l’obiettivo di “difendere gli ecosistemi minacciati da forme sempre più transnazionali di inquinamento”.
Se ne è parlato oggi a Venezia durante il convegno ”Ambiente e salute, verso una giustizia globale”, promosso dalla stessa fondazione, dove è stato presentato un dossier dei 12 maggiori crimini ambientali.

L’avvelenamento della citta’ indiana di Bhopal nel 1984, la marea nera della Bp nel Golfo del Messico (2010), il disastro di Chernobyl (1986), catastrofi ambientali come quelle delle isole Kiribati e delle Maldive, dove l’innalzamento dell’oceano dovuto al cambiamento climatico sta costringendo alla migrazione oltre 350mila abitanti. Lo sfruttamento delle sabbie bituminose ai piedi delle Montagne Rocciose in Alberta (Canada), nelle quali sono contenuti 2 trilioni di barili di petrolio sporco: per portarli alla luce si e’ arrivati a distruggere una regione grande quanto la Florida.
La fondazione si propone di adoperarsi per l’istituzione della Corte Penale Internazionale dell’Ambiente che prevede l’ampliamento delle attuali competenze della Corte Penale Internazionale. La proposta è di considerare il grave reato ambientale intenzionale transfrontaliero quale crimine contro l’umanità. Inoltre l’istituzione di un Tribunale Europeo contro i crimini ambientali che dovrà assicurare un sistema di giustizia penale atta a garantire sanzioni in base al principio del “chi inquina paga”, attraverso la creazione di una sezione specializzata della Corte di Giustizia o di un tribunale specializzato della General Court.

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